Le criptovalute e la tecnologia Blockchain alla base del Bitcoin

La tecnologia che permette di scambiare in Internet non solo informazioni ma anche proprietà e valori monetari è la base di qualsiasi altra collaborazione tra gli uomini sul pianeta. Si tratta di una rivoluzione digitale paragonabile a quella avvenuta con la stessa Internet negli anni 90 del secolo scorso.

L’attenzione della cittadinanza mondiale, prima che dei media istituzionali controllati dai governi delle varie nazioni, per la valuta digitale, di cui il Bitcoin è la più nota espressione, è più che giustificato in questi tempi di ripensamento di dogmi e verità indiscutibili, in economia, finanza e politica.

Mentre l’utilizzo di tale moneta telematica continua a crescere nel mondo, la tecnologia alla base del Bitcoin, detta “Blockchain“, è ancora ignota ai più. Grazie ad essa e a Internet, che consente le comunicazioni peer-to-peer, possiamo pagare beni e servizi senza dipendere da alcuna valuta estera, da alcun cambio e da alcuna autorizzazione di ente o governo centrale.

Ormai sono milioni le persone nel mondo che si scambiano Bitcoin, moneta digitale che dieci anni fa, al suo nascere, valeva poco più che 20 centesimi di Euro e che oggi tocca punte di 1.200 US dollari, come posso vedere ora nel mio wallet, o borsellino elettronico, di Coinbase mentre scrivo queste note. E si tratta di valori destinati sempre a salire.

Per questo è importante comprendere la tecnologia di questa rivoluzione tecnologica che sta cambiando il mondo degli scambi commerciali e non solo. Una tecnologia che permette, invero, di scambiare in Internet non solo informazioni ma anche proprietà e valori monetari e dati digitali in genere, è senz’altro la base di qualsiasi altra collaborazione tra gli uomini sul pianeta. Si tratta di una rivoluzione digitale paragonabile a quella avvenuta con la stessa Internet negli anni 90 del secolo scorso.

La definizione di blockchain (in italiano, letteralmente, “catena di blocchi”) contiene il concetto di “blocco”: trattasi infatti di catene di blocchi di transazioni, ognuna delle quali correlate da un sistema di cifratura detto marcatore temporale o timestamp. Ogni blocco include lo hash (basata sull’algoritmo matematico che trasforma dati di lunghezza arbitraria in una stringa  binaria di dimensione fissa chiamata valore di hash, o impronta del messaggio) del blocco precedente, collegando i blocchi insieme. I blocchi collegati formano, appunto, una catena, con ogni blocco addizionale che rinforza quelli precedenti.

Ho usato in parte la definizione originale scritta da Satoshi Nakamoto (il nickname dell’ancora misterioso inventore australiano del Bitcoin) e trovata nel sito ufficiale di tale criptomoneta.

Si tratta quindi di una tecnologia informatica già esistente  che utilizza: – i protocolli di file sharing peer-to-peer, – la crittografia a chiave pubblica e privata già alla base della firma digitale, – la cifratura hash.

Ma l’elemento qualificante dell’architettura Blockchain alla base del Bitcoin è la non riproducibilità e la conseguente scarsità del prodotto: i Bitcoin sono come l’oro in una miniera, che contiene solo quantità limitate del prezioso metallo.

Le transazioni con questo oro digitale vengono distribuite sui nodi della rete e verificate come valide in base ad una serie di parametri: in tale processo si inseriscono i “minatori”, i miners, speciali partecipanti che utilizzano software e potenti computer  per creare i famosi blocchi. Una volta verificata come valida, la transazione viene inserita nel primo blocco disponibile.

Chi partecipa attivamente al circuito facendo transazioni è come se mettesse a disposizione una parte delle capacità di elaborazione del proprio PC per garantire il funzionamento e la sicurezza del sistema. Il wallet, o borsellino elettronico, ha poi delle caratteristiche del tutto peculiari. Anzitutto è anonimo, presentandosi sotto forma di una stringa di 33 caratteri alfanumerici senza alcun riferimento al nome del titolare; poi può avere infinite varianti alfanumeriche, ma fa sempre riferimento ad un’unica e irripetibile transazione.

Poiché l’identità di chi ha generato una transazione è pubblica, mentre non lo è il tipo di transazione, il pagamento in Bitcoin non è affatto adatto per chi faccia riciclaggio di denaro sporco, come comunemente si pensa. Inoltre l’integrità della Blockchain viene garantita da tutti i nodi, rendendo pressoché impossibile qualsiasi manipolazione.

Si dice che i miners risolvono complesse equazioni ed enigmi nell’atto di “estrarre” il Bitcoin, possibilità attualmente preclusa all’utente normale della Rete, il quale può acquistare i Bitcoin pagandoli solitamente in Euro. Ovviamente dovrà munirsi di apposito Bitcoin wallet, nelle tipologie facilmente reperibili in Rete e anche come App.

Un aspetto interessante del Bitcoin e di tutte le criptovalute è l’impignorabilità di un borsellino elettronico, per ragioni tecniche (il soggetto pignorando può continuare a operare tramite un’altra stringa alfanumerica e non esiste nemmeno un soggetto presso cui operare un pignoramento presso terzi) prima che giuridiche e, almeno per quanto riguarda il Bitcoin, l’esenzione da Iva, come da recente dichiarazione dell’Agenzia delle Entrate dello scorso anno.

Concludo dicendo che il numero degli utilizzatori della moneta digitale nel mondo è ancora residuale (ma in continuo aumento il numero di enti anche pubblici che accettano il Bitcoin) e che le possibilità di utilizzazione concreta dell’architettura blockchain è ancora embrionale, ma chi studia il sistema comprende di trovarsi già nel futuro. Converrebbe quindi esserci in anticipo, adesso, in tale realtà di cambiamento epocale.

avv. Giovanni Bonomo

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