Il mondo finanziario sta trovando finalmente il proprio ruolo sociale verso una finanza sostenibile. Emergeranno brand autentici, credibili e rilevanti nelle tre dimensioni della sostenibilità: Environment, Social, Governance.
Si parla spesso di “sostenibilità”, di sviluppo sostenibile e delle migliori strategie per costruire una società più equa. È un concetto nativo del terzo millennio, legato al processo di cambiamento digitale in atto, dove lo sfruttamento delle risorse, gli investimenti e la produzione industriale lavorano insieme per valorizzare il potenziale attuale e futuro di una società tecnologicamente avanzata.
In un articolo ho già detto del Piano di Azione Europeo di Tecnologia Finanziaria, adottato dal DG FISMA (Directorate-General for Financial Stability, Financial Services and Capital Markets Union), più brevemente Piano di Azione FinTech.
Tale piano di azione è inteso a facilitare e incoraggiare l’innovazione finanziaria nel mercato unico europeo e nel contempo a migliorare la protezione dei consumatori. Si colloca quindi all’interno delle finalità di sostenibilità che ispirano il MiFID (Direttiva sui Mercati degli Strumenti Finanziari 2004/39/CE), cioè la normativa europea che regola il mercato dei servizi finanziari e che già ebbe a rivoluzionare il sistema del risparmio, garantendo nuovi diritti agli investitori.
Con il regolamento SFDR Sustainable Finance Disclosure Regulation, entrato in vigore il marzo 2021, gli investitori vengono vieppiù aiutati nel confrontare le numerose strategie di investimento sostenibili ora disponibili nell’Unione Europea: si impone infatti una maggior trasparenza nell’indicare quanto i prodotti finanziari tengano conto delle caratteristiche ambientali e/o sociali, costituiscano investimenti sostenibili o si pongano obiettivi sostenibili.
Valga un esempio di difetto di trasparenza e di informazioni chiare: la sottoscrizione di prodotti ESG Environmental Social and Governance è inibita a tutt’oggi da una non elevata credibilità.
Per quanto ora più della metà degli italiani ponga una crescente attenzione al comportamento sostenibile delle aziende, solo una ridotta percentuale di investitori ha sentito parlare di ESG, i quali sono – secondo le ultime analisi di Prometeia e Ipsos – nel 3% (7% per chi ha patrimoni elevati) dei portafogli.
Eppure le stesse analisi dimostrano che i prodotti ESG hanno performance di tutto rispetto, spesso superiore a quella dei prodotti tradizionali. Quale spiegazione?
Appunto la mancanza di adeguate informazioni chiare sulla finalità e sul rapporto rischio/sicurezza: i sottoscrittori più aperti alle novità aumenterebbero la loro propensione se ci fossero prodotti finanziari con chiare finalità, per esempio finalizzati a ridurre l’inquinamento, a combattere i cambiamenti climatici, a difendere le risorse del pianeta.
Questa carenza di informazioni deriva da un limite dell’industria ETF Exchange Traded Funds: non è stata sviluppata ad oggi una politica di brand and purpose per le linee di investimento tale da attrarre i risparmiatori e offrirgli le giuste prospettive di investimento che cerca. Per fortuna qualcosa sta cambiando, perché alcune factory finanziarie, tra cui Amundi ed Eurizon, offrono già percorsi di investimento più chiaramente finalizzati. Anche il recente collocamento di alcuni green bond a tassi bassi attirano l’attenzione di collocatori bancari e assicurativi.
Sta di fatto che oggi due aziende su tre considerano gli ESG uno strumento importante per decisioni di business; il futuro della finanza e dell’economia sarà fortemente condizionata dalle logiche ESG e molte aziende ci si adegueranno cambiando il modo di produrre e fare impresa.
Quest’anno 2023 sarà il campo di prova dei positivi orientamenti del mercato verso una finanza più moderna ed efficiente, consapevole ed inclusiva.
Milano, 9. 1.2023
Giovanni Bonomo #RichGeneration